sabato 8 ottobre 2011

Morale e Religione: senza Dio si diventa cattivi?



(Tratto da "L'illusione di Dio" di Richard Dawkins)


Origini dell'etica: studio di un caso 

Se, come il desiderio sessuale, il senso morale fosse effettivamente radicato nel lontano passato darwiniano, e fosse quindi nato prima della religione, dovremmo aspettarci che le ricerche sul cervello rivelino universali morali che superano le barriere geografiche, culturali nonché religiose.


In Moral Minds: How Nature Designed a Universal Sense of Right and Wrong, il biologo di Harvard, Marc Hauser. ha descritto una proficua serie di esperimenti proposti in origine da filosofi morali. Un suo studio ci permette anche di vedere in che modo ragionano i filosofi morali. Viene posto un ipotetico dilemma etico e la difficoltà che abbiamo a risolverlo ci dice qualcosa sul nostro senso del bene e del male. Su un punto Hauser si spinge più in là dei filosofi: attraverso questionari distribuiti tramite Internet, conduce indagini statistiche ed esperimenti psicologici sul senso morale di persone in carne e ossa. Dal punto di vista che ci interessa qui, il dato fondamentale è che quasi tutti prendono le stesse decisioni quando sì trovano davanti ai dilemmi, e la convergenza è molto superiore alla capacità di spiegare il motivo delle decisioni. È proprio ciò che sarebbe lecito aspettarsi se il senso morale fosse inscritto nel cervello come la pulsione sessuale, la paura dell'altezza o, come preferisce dire Hauser, la capacità linguistica (i dettagli variano da cultura a cultura, ma la struttura profonda della grammatica è universale).


Come vedremo, il modo in cui la gente risponde ai quesiti morali e l'incapacità di spiegare le ragioni delle scelte sono in larga misura indipendenti dalla presenza o assenza di convinzioni religiose. Per dirla con le sue stesse parole, il messaggio di Hauser è: «Alla base dei nostri giudizi morali c'è una grammatica morale universale, una facoltà della mente che si è evoluta per milioni di anni e ha finito per produrre un insieme di principi utili a elaborare una gamma di possibili sistemi etici.  Come nel caso del linguaggio, i principi alla base della nostra grammatica morale volano sotto il radar della consapevolezza».

I dilemmi morali posti da Hauser sono in genere variazioni sul tema del treno fuori controllo che minaccia di uccidere un certo numero di individui. Nell'esempio più semplice, una persona, Denise, si trova vicino agli scambi e ha quindi la possibilità di dirottare il treno su un binario secondario e salvare così la vita a cinque persone intrappolate sulla linea principale. Purtroppo, però, c'è un uomo sul binario secondario. Siccome lui è uno solo e le persone intrappolate sulla linea principale sono cinque, quasi tutti giudicano moralmente ammissibile, anche se non doveroso, che Denise azioni lo scambio per salvare i cinque e condannare l'uomo solo. Non sappiamo se l'uomo sacrificabile sia per caso Beethoven o un nostro caro amico.

Nelle varianti che vengono via via proposte, i dilemmi morali si fanno sempre più spinosi. E se si fermasse il treno lanciandogli davanti un oggetto pesante da un ponte? Ma sì, senz'altro: gettiamolo. E se l'unico oggetto pesante disponibile fosse un uomo molto grasso che se ne sta lì seduto ad ammirare il tramonto? Quasi tutti convengono che è immorale gettare il grassone giù dal ponte, anche se, tutto sommato, il dilemma parrebbe analogo a quello di Denise, che si trova a dover sacrificare una persona per salvarne cinque. La maggior parte della gente ha la netta sensazione che vi sia una differenza sostanziale tra i due casi, anche se magari non sa spiegare bene il perché.

Quello del grassone ricorda un altro dilemma posto da Hauser. In un ospedale stanno morendo cinque
pazienti per una grave patologia di cinque distinti organi. Ognuno di loro verrebbe salvato se si trovasse un donatore per quell'organo, ma non ci sono donatori di sorta. Il chirurgo si accorge a un certo punto che in sala d'aspetto c'è un uomo sano, con i cinque organi del caso in perfette condizioni e adatti al trapianto. Quasi nessuno risponde che è morale uccidere l'uomo per salvare i cinque.

Come nel caso del grassone sul ponte, la gente intuisce che non si può assaltare un innocuo e ignaro passante e usarlo per il bene degli altri. Com'è noto, fu Immanuel Kant a elaborare l'imperativo categorico secondo il quale un essere razionale non deve mai essere usato come mezzo per raggiungere un fine, nemmeno se il fine fosse di beneficio agli altri. Questa è la differenza fondamentale tra il caso del grassone sul ponte (o dell'uomo nella sala d'aspetto dell'ospedale) e il caso dell'uomo sul binario secondario. Il grassone sul ponte verrebbe chiaramente usato come mezzo per fermare il treno impazzito, e si violerebbe l'imperativo kantiano. L'uomo sul binario secondario non verrebbe usato per salvare le cinque persone sulla linea principale; a essere usato è il binario alternativo e lui ha solo la sfortuna di trovarcisi sopra. Come mai questa distinzione ci soddisfa? Kant lo riteneva un assoluto morale. Per Hauser, è un risultato dell' evoluzione.

Nel corso del libro, le situazioni ipotetiche riguardanti il treno fuori controllo diventano sempre più complicate e i dilemmi morali si fanno via via più tortuosi. Tra gli altri, Hauser propone i casi di Ned e di Oscar. Ned è accanto alle rotaie, mal diversamente da Denise, che poteva dirottare il treno su un binario secondario, può azionare solo uno scambio con cui dirotterebbe il convoglio su un raccordo che si ricongiunge con il binario principale poco prima delle cinque persone: non serve azionare lo scambio, il treno investirebbe comunque le persone. Tuttavia, il caso vuole che sul raccordo ci sia un uomo estremamente grasso, pesante abbastanza per fermare il treno. Ned deve azionare lo scambio oppure no? La maggior parte della gente risponde di no. Ma qual è la differenza tra il dilemma di Ned e quello di Denise? Con tutta probabilità, la gente applica in maniera intuitiva l'imperativo kantiano. Denise impedisce al treno di investire cinque persone e la sfortunata vittima sul binario secondario è un «danno collaterale», per usare una graziosa espressione di Donald Rumsfeld; Denise non usa l'uomo come mezzo per salvare gli altri. Ned invece userebbe il grassone per fermare il treno e la maggior parte della gente (forse senza pensarci), insieme con Kant (che invece ci pensò moltissimo), la considera una differenza sostanziale.

La differenza è riproposta dal dilemma di Oscar. Oscar si trova nella stessa situazione di Ned, solo che sul raccordo c'è un grande oggetto di ferro, talmente pesante che potrebbe fermare il treno. Oscar non dovrebbe quindi avere problemi ad azionare lo scambio e deviare il treno, solo che c'è un uomo che cammina davanti all'oggetto di ferro e quest'uomo, come il grassone di Ned, verrebbe sicuramente ucciso se Oscar azionasse lo scambio. La differenza è che l'uomo sul binario non verrebbe «usato» per fermare il treno: sarebbe, come nel dilemma di Denise, un danno collaterale. Come Hauser e come la maggior parte dei soggetti intervistati, sento che Oscar può azionare lo scambio, ma non Ned. Trovo però molto difficile giustificare la mia intuizione. Hauser dimostra che queste intuizioni morali spesso non passano al vaglio della riflessione, ma sono fortemente sentite a causa del nostro retaggio evolutivo.

Durante un' affascinante incursione nell' antropologia, Hauser e i suoi colleghi hanno adattato gli esperimenti morali agli indios Cuna, una piccola tribù dell'America centrale che non ha una religione formale e non ha quasi nessun contatto con gli occidentali. Hanno sostituito il treno con un equivalente locale – un coccodrillo che si avvicina alle canoe - e proposto gli stessi dilemmi. Con piccole differenze dovute al  contesto diverso, i Cuna hanno espresso gli stessi giudizi morali di noialtri occidentali.

Di particolare interesse per il presente saggio è che Hauser si è anche domandato se i credenti differiscono dagli atei nelle loro intuizioni morali. Se traessimo la morale dalla religione, dovrebbe esserci differenza. Ma a quanto pare non c'è. In un'indagine condotta con il filosofo morale Peter Singer,6 Hauser ha proposto tre ipotetici dilemmi e confrontato i verdetti degli atei con quelli dei credenti. I soggetti dovevano decidere se un'azione ipotetica era moralmente «doverosa», «ammissibile» o «proibita».
   1. Il dilemma di Denise. Il 90% delle persone ha detto che era ammissibile deviare il treno, uccidendo una persona per salvarne cinque.
   2. Un bambino sta annegando in uno stagno e non c'è in vista nessuno che possa salvarlo. Noi possiamo farlo, ma ci rovineremmo i pantaloni. Il 97% ha convenuto che si debba salvare il bambino (strano a dirsi, il 3% preferisce salvare i pantaloni).
   3. Il dilemma degli organi da espiantare. Il 97%, dei soggetti ha convenuto che non si poteva prendere di forza un individuo sano in sala d'aspetto e ucciderlo per prelevargli gli organi e salvare i cinque malati.

Il risultato principale dello studio di Hauser e Singer è che non c'è differenza statisticamente rilevante tra atei e credenti nell' elaborazione dei giudizi. Ed è coerente con l'idea, condivisa da me e da molti altri, che non c'è bisogno di Dio per essere buoni... o cattivi.

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