Perché una ragazza innamorata di un ragazzo non riesce a vivere in modo sereno e pieno la propria relazione? La risposta è "il cristianesimo".
Ecco come la religione entra nel subconscio delle persone, creando dubbi, paranoie, ostacoli astrattamente insormontabili nella mente di una povera ragazza credente, fino a condurla verso un aut-aut a dir poco sconfortante.
E se si lasciasse andare? E se godere appieno delle emozioni, anche fisiche, non fosse peccato? Siamo spiacenti ma la religione è imprenscindibile. Sta al buon senso dei credenti, professarsi tali e poi fare ti testa loro, abbandonando stupidi dettami religiosi e quel senso di colpa che pervade ogni cosa. La scelta di avere o meno rapporti sessuali dovrebbe essere assolutamente personale e in nessun modo influenzata da fattori esterni, in primis la religione, ma...
Vi lascio con la lettera della ragazza e la risposta (vaga e confusa) del prete che dovrebbe aiutarla a risolvere i suoi dubbi e confortarla nelle sue insicurezze.
Colloqui col padre – La lettera della settimana
(Famiglia Cristiana
n°6, 6 Febbraio 2011)
Ho diciott’anni, educata ai valori cristiani dai miei genitori. Ciò
nonostante, ho una gran confusione su un tema, ancora oggi, considerato tabù:
il sesso. Sebbene tutti lo neghino. I comandamenti ci dicono di non commettere
“atti impuri”. La Chiesa ci ammonisce di non avere rapporti prematrimoniali. Ma
se il mio ragazzo, più grande di me e credente pure lui, mi chiede di “coccolarlo”,
perché così si sente amato, che devo fare? Per
“coccole” non intende solo bacetti o abbracci. Ma qualcosa di più.
Un dottore molto conosciuto negli Usa, Gary Chapman, parla di cinque
linguaggi dell’amore nella coppia per far sentire una persona amata: parole di
rassicurazione, momenti speciali, doni, gesti di servizio, contatto fisico. A
quanto dice questo dottore, se il linguaggio principale del mio ragazzo è il
contatto fisico e noi non facciamo l’amore, lui non si sentirà amato. Ci
sarebbe una soluzione: sposarlo a diciott’anni. Ma io non sono affatto pronta a
questo importante passo.
Non mi fraintenda. Non sto chiedendo una legittimazione ai rapporti
prematrimoniali. Credo nella verginità fino al matrimonio, ma mi trovo in
difficoltà. La mia educazione cristiana stride con la realtà che mi trovo di
fronte. E sta rovinando il mio rapporto di coppia. I preti ai quali mi sono
rivolta non hanno saputo aiutarmi. Per me è una questione complessa. Detta
senza peli sulla lingua: secondo i comandamenti non dovrei “sollecitare” il mio
moroso e non commette “atti impuri”. Perché sarebbe solo auto soddisfacimento e
non amore.
Secondo la Chiesa, i rapporti dovrebbero esserci dopo il matrimonio. Solo
allora è un donarsi, che ha significato. Per rendere felice l’altro, dovrei
andare contro i miei valori? Ne ho parlato con il mio ragazzo più volte, ma non
capisce. Per lui non è, poi, così grave volere le coccole e fare l’amore con
me.
Dopo l’ultima volta che ne abbiamo parlato, ha cominciato a evitarmi. Mi
ha detto che non riusciva più a starmi vicino. La mia coscienza e il mio cuore
mi dicono che l’amore è qualcosa di più alto. Ma non vorrei cadere nell’errore
di credere a un amore ideale e non reale. Quello che io sento è che lui ama il
piacere, non me. Qual è la cosa giusta?
Una diciottenne
L’amore di coppia è una realtà che ha più dimensioni. Non è
riducibile a una sola di esse. È eros, cioè istinto, sentimento, passione. È
amicizia, cioè benevolenza. Ma è anche carità (in greco agape), cioè amore
ablativo. Non sono tre amori, ma tre dimensioni distinte e unite. Quando si
separano l’una dall’altra, si ha una caricatura. In ogni caso, una forma
riduttiva dell’amore. Così insegna Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas
est. La stessa visione espressa anche da Paolo VI, quando ricordava che l’amore
coniugale è sensibile e spirituale insieme. Non c’è l’uno senza l’altro.
In questa visione multidimensionale, è
interessante anche il pensiero di Gary Chapman, da te citato. Lo scrittore e
saggista australiano, conosciuto in Italia per le sue pubblicazioni, scrive che
l’amore di coppia ha cinque linguaggi. Di conseguenza, se il linguaggio
principale è solo il “contatto fisico”, si ha una caricatura dell’amore. Il
problema non è come rispondere a un linguaggio del genere, ma di farlo
evolvere. Così che recuperi le altre quattro forme d’espressione. Il solo
“contatto fisico” non crea alcuna relazione interpersonale.
Ma questo, purtroppo, è quanto si
verifica nella società occidentali. Dove non soltanto si pratica,ma si teorizza
la separazione tra eros e amore. Tra il linguaggio fisico e gli altri quattro
linguaggi, per dirla con Gary Chapman. Da qui lo slogan “sesso libero”. E, in
presenza dell’Aids, “sesso sicuro”. La sessualità è ridotta a merce, con la
stessa logica dell’”usa e getta”. È da questa mentalità e prassi che deriva
quel diffuso disorientamento che coinvolge soprattutto le giovani generazioni.
È necessario che i giovani si rendano
conto dei forti condizionamenti dei mass media e della cultura dominante. Col
rischio di non agire più con la propria testa. Non solo non si comportano
secondo quanto è insegnato dalla famiglia, dalla parrocchia, ma nemmeno secondo
quanto vorrebbero decidere loro stessi. In base alla loro coscienza. Così,
facilmente la contraddicono. Si adattano. Seguono la logica del gruppo o del
più forte, accumulando disagio e insoddisfazione.
Per non essere condizionati e
contrastare i modelli negativi, è necessario maturare forti convinzioni
personali. E acquisire un sufficiente senso critico, per poter discernere ciò
che è bene e ciò che è male. Quello che aiuta a crescere e maturare e ciò che
impedisce il vero amore.
Il riferimento alla comunità cristiana
è importante per formare la coscienza. È necessario, però, conoscere il
pensiero ufficiale della Chiesa. E non affidarsi a dichiarazioni improvvisate e
superficiali. Non mancano testi autorevoli, come il Catechismo dei giovani
curato dalla Cei. Testi che non si limitano a riportare le norme morali contro
l’autoerotismo o i rapporti prematrimoniali, ma ne indicano il senso ola finalità.
Il fine della moralità consiste nel segnalare i comportamenti che favoriscono
o, al contrario impediscono la crescita della persona e delle relazioni
interpersonali.
Il traguardo della formazione umana,
che non è mai compiuta, consiste nel passare dall’amore egoista, che considera
tutto in funzione di sé stessi, all’amore oblativo che sa offrirsi all’altro.
Che va considerato sempre come un fine. mai come uno strumento di cui servirsi
per il proprio interesse. O piacere.
Don Antonio Sciortino