giovedì 8 settembre 2011

Credere é l'arte di sopravvivere





«Voglio che convochi tutto il suo talento e che si dedichi anima e corpo per un anno a lavorare alla storia più grande che abbia mai creato: una religione.»
Non potei far altro che scoppiare a ridere.
«Lei è completamente pazzo. È questa la sua offerta? È questo il libro che vuole che scriva?»
Corelli annuì sereno.
«Ha sbagliato scrittore. Io non so nulla di religione.»
«Non si preoccupi di questo. Io sì. Non cerco un teologo. Cerco un narratore. Sa cos'è una religione, Martín, amico mio?»
«A stento ricordo il Padre Nostro.»
«Una preghiera bella e ben fatta. Poesia a parte, una religione è un codice morale che si esprime mediante leggende, miti o qualunque tipo di artefatto letterario al fine di istruire un sistema di credenze, valori e norme con i quali regolare una cultura o una società.»
«Amen» replicai.
«Come per la letteratura o qualunque atto comunicativo, a conferire efficacia è la forma e non il contenuto» continuò Corelli.
«Mi sta dicendo che in pratica una dottrina è un racconto?»
«Tutto è racconto, Martín. Quello che crediamo, quello che conosciamo, quello che ricordiamo e perfino quello che sognamo. Tutto è racconto, narrazione, una sequenza di eventi e personaggi che comunicano un contenuto emotivo. Un atto di fede è un atto di accettazione, accettazione di una storia che ci viene raccontata. Accettiamo come vero solo quello che può essere narrato. Non mi dica che l'idea non la tenta?»
«No.»
«Non la tenta creare una storia per la quale gli uomini siano capaci di vivere e morire, di uccidere e farsi uccidere, di sacrificarsi e condannarsi, di offrire la propria anima? Quale sfida più grande per il suo mestiere che creare una storia tanto potente da trascendere la finzione e diventare verità rivelata?»

[...]

«Poco fa, mentre l’aspettavo, mi sono reso conto che noi due abbiamo in sospeso una piccola conversazione retorica. Prima ce ne sbarazziamo, prima arriveremo al dunque» disse. «Mi piacerebbe cominciare chiedendole cos’è per lei la fede.»
Esitai qualche istante. «Non sono mai stato una persona religiosa. Più che credere o non credere, ho dei dubbi. Il dubbio è la mia fede.»
«Molto prudente e molto borghese. Ma mettendo palloni in fallo laterale non si vince la partita. Per quale motivo, secondo lei, credenze di ogni tipo compaiono e compaiono nel corso della storia?»
«Non lo so. Credo per fattori sociali, economici o politici. Lei parla con uno che ha smesso di andare a scuola a dieci anni. La storia non è il mio forte.»
«La storia è l’immondezzaio della biologia, Martín.»
«Il giorno in cui hanno spiegato questo argomento forse non ero a scuola.»
«Questa lezione non viene impartita nelle aule, Martín. Ce la impartiscono la ragione e l’osservazione della realtà. Ma nessuno vuole impararla, perciò è quella che dobbiamo imparare meglio per svolgere bene il nostro lavoro. Ogni opportunità di fare un affare nasce dall’incapacità degli altri di risolvere un problema semplice e inevitabile.»
«Parliamo di religione o di economia?»
«Scelga lei la terminologia.»
«Se capisco bene, lei suggerisce che la fede, l’atto di credere in miti o ideologie o leggende sovrannaturali, è una conseguenza della biologia.»
«Né più né meno.»
«Una visione piuttosto cinica per un editore di testi religiosi» notai.
«Una visione professionale e spassionata» specificò Corelli.
«L’essere umano crede come respira, per sopravvivere.»
«Questa teoria è sua?»
«Non è una teoria, è una statistica.»
«Mi viene in mente che almeno tre quarti del mondo non sarebbero d’accordo con questa affermazione» osservai.
«Naturalmente. Se fossero d’accordo, non sarebbero potenziali credenti. Nessuno può venire davvero convinto di quello in cui non ha bisogno di credere per un imperativo biologico.»
«Allora secondo lei è nella nostra natura vivere nell’inganno?»
«Sopravvivere è nella nostra natura. La fede è una risposta istintiva ad aspetti dell’esistenza che non possiamo spiegare in altro modo: il vuoto morale che percepiamo nell’universo, la certezza della morte, il mistero dell’origine delle cose o il senso della nostra vita, o la sua assenza. Sono aspetti elementari e di straordinaria semplicità, ma i nostri stessi limiti ci impediscono di rispondere in modo univoco a queste domande e per questo generiamo, come difesa, una risposta emotiva. È pura e semplice biologia.»
«Secondo lei, allora, tutte le fedi e gli ideali sarebbero solo una finzione.»
«Qualsiasi interpretazione o osservazione della realtà lo è. In questo caso, il problema sta nel fatto che l’uomo è un animale morale abbandonato in un universo amorale e condannato a un’esistenza finita e senza altro significato che quello di perpetuare il ciclo naturale della specie. È impossibile sopravvivere in uno stato prolungato di realtà, almeno per un essere umano. Passiamo una buona parte della nostra vita a sognare, soprattutto quando siamo svegli. Come le dicevo, semplice biologia.»
Sospirai.


(tratto da "Il Gioco dell'Angelo" di Carlos Ruiz Zafon)

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